ONCERTO ED ARTE / NOTE SU TELA
Davide Massacci: pianoforte Eugenio Cellini: acquerelli
Ripatransone – Teatro MERCANTINI 23 Marzo 2024 ore 21
ONCERTO ED ARTE / NOTE SU TELA
Davide Massacci: pianoforte Eugenio Cellini: acquerelli
Ripatransone – Teatro MERCANTINI 23 Marzo 2024 ore 21
Quelli che credono più fermamente nella conquista del mondo sono gli stessi che sanno che è impossibile.
(G. Orwell, “1984”)
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Eccoli in delirio bellicista, i folli che reggono i destini d’Europa.
Membri UE, come il delirante Ch.Michel presidente del Consiglio Europeo che Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra (dev’essergli apparso in sogno Publio Flavio Vegezio Renato attraversando i millenni) e perciò Dobbiamo mettere l'economia europea sul piede di guerra - dice restando serio -
Gli fa eco Alexa - pardon, la presidente a sonagli U. von der Leyen - con Servono più armi, dobbiamo produrne come abbiamo fatto per i vaccini… e nessuno che se la porti via in camicia di forza.
E poi J.Borrel (quello che “L’Europa è un giardino e il resto del mondo è una giungla” - ottobre 2022 - per dire come siamo messi) che bacchetta i paesi refrattari all’impegno militare.
Poi l’ectoplasma Gentiloni – parlandone da sveglio – col suo bisogna rafforzare la difesa europea e finanziarla insieme.
Poi capi di stato e di governo: il francese cazzutello che si crede Napoléon, la nostrana cucurbitacea premier con l’androide quasi antropomorfo Ministro della Guerra e tutto il cucuzzaro di fasciomaggioranza al livello basico di alfabetizzazione, e via passeggiando per l’Europa intera.
Poi naturalmente tutti quelli che hanno le mani in pasta anzi in armi fino al gomito e oltre: industrie d’armi e munizioni di ogni nazionalità peso e colore, e azionisti, e lobbisti e via armeggiando.
Non stanno nella pelle tutti, e lo dicono, dalla fregola di riempire d'armi e munizioni e carrarmati e missili ogni angolo del mondo. L’hanno fatto, lo fanno da tempo.
Già l’Italia ha il record europeo - ne vende più di tutti - con un export armigero raddoppiato negli ultimi cinque anni come attestano Istituti di Ricerca Internazionali.
Solo che adesso abbiamo messo il turbo.
Ci arriveremo eccome, alla guerra, la storia non ci insegna mai nulla.
Specie se non la si conosce.
Ci arriveremo per gradi: attraverso trucchi, scorciatoie, propaganda.
Magari sembrerà un incidente.
Già ora nel Mar Rosso giochiamo alla battaglia navale a comando italiano, e il comandante che abbatte i droni dei cattivoni riceve nella natia San Benedetto del Tronto attestati di pettoruto orgoglio patrio e campanilistica prosopopea…
Già l’Italico Parlamento si avvia ad approvare - col Ddl 855 - norme che semplificano obblighi e controlli per l’export di armi favorendo, come se non bastasse, l’opacità dei flussi finanziari e dell’operato delle banche nel settore.
Tornerà comodo all’uopo dimenticarsi della Costituzione che RIPUDIA LA GUERRA ma tranquilli, basterà continuare a ignorarla come s’è fatto ogni volta che per conto NATO abbiamo esportato democrazia ovunque in Europa e nel mondo, dalla ex Jugoslavia al Medioriente e via bombardando (civili e quant’altro).
Sarà così che nei prossimi giorni fra una portata e l’altra del menu di gala a Bruxelles, fra i sorrisi e i birignao, la classe politica europea più inetta reazionaria e corrotta che mai abbia occupato quei seggi, brindando agli accordi raggiunti sulla “difesa comune”, sancendo che le intese NATO contano più della nostra Costituzione, materializzerà orwellianamente l’assunto:
LA GUERRA È PACE
Insomma se, come una volta Menippo dalla Luna, potessimo contemplare dall’alto gli uomini nel loro agitarsi senza fine, crederemmo di vedere uno sciame di mosche e di zanzare in contrasto fra loro, intente a combattersi, a tendersi tranelli, a rapinarsi a vicenda, a scherzare, a giocare, nell’atto di nascere, di cadere, di morire.
[Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia, 1509]
Sara Di Giuseppe - 22 marzo 2024
CHAMPIAN FULTON TRIO
Champian Fulton: piano & vocals Lorenzo Conte: bass Andrea Michelutti: drums
Ascoli Piceno – COTTON LAB 15.3.2024 h 21.00
Stasera finalmente incontro Champian Fulton.
La conoscevo appena di nome, e neanche in questo suo “Jazz classico” che pure - bazzicando un po’ di musica - avevo qualche volta incontrato in automatico. Ma quanto poco li conoscevo! Ecco però che al COTTON LAB può capitarti di re-immergerti con gusto nuovo nel jazz di nostalgia e di qualità (quello “in bianco e nero”, oggi un po’ meno suonato se non addirittura lasciato nell’ombra) riproposto uguale ma diverso dalla brava e virtuosa Fulton finalmente incontrata in concerto.
Non serve andare al BIRDLAND di N.Y.
Se anche il Champian Fulton Trio del Cotton Lab non è proprio quello del Birdland Theater (con Fugushi Tainaka e Hide Tanaka da Tokio), ne andrebbe realizzato il CD, e cambiare due scritte…
Anche i “nostri” Lorenzo Conte e Andrea Michelutti sono infatti gli strumenti giusti per la voce-strumento Fulton: si vede da come lei li guida, li ammira, li guarda con gioia. Sono suoi. Il livello è alto. C’è che, mentre lei suona e canta con gioia, guarda chiunque con gioia: la musica la fa felice e lei esterna. Fulton-fabbrica di gioia. E quando parla – parla tanto – è come se suonasse: parla e canta a due mani, fa le scale, gli arpeggi, le dissonanze,+ i silenzi e i tempi del jazz. La sua voce eclettica è swing e blues. Le sue note sono parole in jazz. Mi ricorda Ray Charles. Canta come parla, parla come suona: non distingui la fonte, la provenienza. Il “solito” jazz classico diventa così una musica nuova, rinfresca perfino certi standard ascoltati troppe volte. La tastiera del piano, mai sotto stress, anche nei virtuosismi obbedisce senza faticare (anche sorridendo…). E mi pare che Champian lasci abbastanza in pace i pedali, le servono poco. Come sospetto che sia lei, sia la sua voce ad “accordare” gli strumenti! che dia lei la frequenza giusta, gli hertz, lei agli altri!
E quei due? Lorenzo Conte (da Venezia) al contrabbasso: in velocità sembra un silenzioso gradevolissimo motore elettrico ma pare guidare su un binario, quando lento e autorevole sottolinea i fondamentali. Andrea Michelutti con la sua “batteria essenziale” che neanche un piatto in più: è la fantasiosa cremagliera del trio. Sempre presente e vario, sa emergere come eclissarsi. Con classe.
PGC - 21 marzo 2024
La risposta di alcuni Operatori Sanitari dell'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze che chiedono di diffonderla se si crede che la vita di OGNI bambino è sacra.
La redazione
Lo storico stadio BALLARIN del 1931 rottamato come una vecchia inutile auto inquinante. E succede come quello che poi compra una costosa e conturbante auto elettrica dal cuore cinese. Che affare è?
Già che ci siete, mo’ abbattete pure quel restauro fesso di Muro del Pianto di Piunti.
Quell’avanzo di muro littorio senza gloria di cui la Soprintendenza s’era innamorata persa (ma noi no), che senza le 3 tribune farà disperare ancora di più i nostalgici della fu “Fossa dei Leoni”. E che adesso pare l’enorme ala sporgente di uno scatolone gigante marron sepolto sotto il caro ex-campo di calcio.
Il Muro del Pianto di Piunti s’ha da rottamare perché è un:
1 Muro brutto e banale. Kitsch, direbbe Gillo Dorfles
2 Muro di confine di niente
3 Muro carcerario senza carcere
4 Muro-candelabro per telecamere poliziesche
5 Muro di cancelli chiusi e bucati
6 Muro d’arte sbiadita
7 Muro di led morenti
8 Muro-parafango di pozzanghere morosine [di via Francesco Morosini]
9 Muro deserto: mediamente 3 pedoni a settimana, sul marciapiede più pericoloso della città … o è un muro per “mettere qualcuno al muro”?
9+1 i motivi per liberarsene: per disporre integralmente di un grande “VUOTO URBANO” davvero vuoto e pronto subito, dove ci sia solo il prato verde e le righe di gioco bianche di un tempo. Senza muri-auto-ferro-cemento…e canalate* pazzesche. Uno SPAZIO VUOTO libero e necessario, prezioso per respirare aria di mare, pensare pensieri, giocare con la mente, rigenerarsi senza il pallone. Sarebbe il ricordo giusto con gran risparmio per tutti. Chi ha paura di uno SPAZIO VUOTO?
[…mmm… mi sa che parlo al muro…] *v. Canali l’archistar
9 marzo 2024 - Messico e nuvole
Andando giù lungo il Corso di Ripa, tutti immagineresti di incontrare meno che ZEUS. Sempre che d’improvviso non esploda un temporale tosto – oggi si chiama bomba d’acqua – e pioggia grandine tuoni fulmini e saette come da copione. Allora sì, potresti intravvedere ZEUS volteggiare come un drone tra le nuvole nere dietro il campanile della cattedrale, o più ad ovest verso i Sibillini (sul monte della Sibilla, ovvio), o a cavallo di un missile russo che sfiora le vallate…
Visioni, sì, meglio farsi subito visitare da uno bravo eh. Però che strano, ZEUS non ti apparirebbe a colori, ma come di consueto con tutte le tonalità del grigio: palestrato a torso nudo (come da contratto) ben abbronzato di grigio, barba e capelli folti (mai conobbero barbiere) e grigi, occhi fiammeggianti grigi. Incazzato nero. Età sui 55. Lo ZEUS regista di un film tipo “Il nubifragio”. Magari attorniato da aquile reali, tori sacri, querce immense come baobab… beh, hai fatto indigestione di mitologia greca, non ti è bastato il catechismo. E’ che lassù, al posto di ZEUS, da cattolici si tende a vedere quell’altro, potente lo stesso anzi di più, forse solo meno teatrale e scenografico. Che se pure lui scatena il finimondo sulla tua vigna, di mestiere compie miracoli, pochi ma buoni. Poi non parla solo greco, col vocabolario della fede ti par di capirlo.
Ripa è speciale, però, perché ha uno ZEUS speciale, che in Corso Vittorio Emanuele ci sta di casa (paga l’IMU), col buono e col cattivo tempo. La meteorologia non gli interessa. Si può controllare: da quando Mario Vespasiani lo ha dipinto, niente bombe d’acqua, neanche a Roma dove è andato a farsi guardare e premiare. Questo ZEUS cioè è facile da vedere.
È uno ZEUS diverso, laico e libero direi, “DIVINTA’ EROI E PERSONAGGI LEGGENDARI” stanno nei quadri più in là. Lui sta al centro. Guarda dritto. E spicca perché ha tutti i colori - meno quell’antico noioso grigio-topo d’ordinanza - uniformemente distribuiti in facili geometrie quasi euclidee: nel volto, nei capelli, nella barba (come appena uscito dal barbiere). Un volto (apparentemente) senza sguardo, che ricorda certe maschere veneziane del ‘700 ma non ti turba: ti cerca, ti guarda, ti interroga, ti ipnotizza. Eppure ti rassicura, sembra proteggerti. Sarà per quella (un po’ nascosta) spirale portante che dal baricentro del volto (cioè del quadro) si sviluppa in sezione aurea, sarà per gli occhi blu-caverna senza pupille, sarà per l’atmosfera più romana che greca.
“ZEUS-ETERNALS”, ma moderno. Tra gli altri dipinti-parlanti (nonché ammonitori), che con le loro profonde suggestioni impensieriscono e quasi intimoriscono chi li guarda, il “nostro” ZEUS nella sua intensità pittorica mi sembra il più agile e senza tempo. Quasi un marchio, un brand.
PGC - 4 marzo 2024
La “CELERE” – la chiamo così con irresponsabile affetto per vecchi ricordi – ha appena compiuto in diverse città svariate “cariche di alleggerimento” a suon di manganellate (più calci, pugni, botte e colpi di scudo come contorno) contro gruppetti di studenti inermi - alcuni minorenni - che a mani nude e senza far danni, senza ribaltare auto, sfondare vetrine o appiccare incendi, manifestavano esprimendo le loro idee contro le guerre. “Senza autorizzazioni” certo, ma la Carta lo consente. Manganellate toste che hanno causato feriti, fatto piangere pure Vecchioni e lasciato nella saggia indifferenza i più.
“Cariche di alleggerimento”. Stravolgendo - come sempre - per inguaribile ignoranza la lingua italiana, Polizia di Stato, Carabinieri, Ministri e Governo compatto, così le definiscono nel fosco e dissestato gergo di caserma, essendo per loro il manganello un corpo leggero, un peso-piuma, una paterna carezza, un amichevole invito a tornartene a casa o da dove sei venuto. Giusto quindi caricar manganellando. Sarebbe caricare a cuor leggero. Dopo si spara.
Come dire Viva la leggerezza. Però, sottovoce, vi confido una notizia clamorosa:
Un’università russa (che per ora non posso nominare essendo vincolato da un contratto pubblicitario segreto che potrei definire “Promozione dell’uso democratico del manganello”) ha fatto studi approfonditi sui manganelli italiani manganellando in diverse modalità studenti e operai (cavie volontarie, ovvio, che s’ha dda fa’ pe’ campa’). Esperimenti che saranno pubblicati su una prestigiosa rivista scientifica di cui per ora non posso fare il nome, ma che a breve si potrà trovare nelle migliori edicole e farmacie. Nelle caserme no. Garantendo che la mia fonte – “ACQUAVIVA KGB” (nome d’arte) - è solitamente ben informata, ecco i dati sperimentali carpiti con l’astuzia e con l’inganno: si può già verificarli in proprio manganellando ad arte familiari e amici. Peccato che il manganello non sia in libera vendita, si deve rubarlo da quelle auto là, sta nel bagagliaio o sotto al sedile o pende dallo specchietto come un rosario. Ecco i dati salienti dello studio:
- Un manganello delle Forze dell’Ordine (due le misure: L, XL) in sé pesa poco, non è rigido ed è comodo senza essere pericoloso: non spara da solo. Appoggiandolo al cranio non fa niente, massimo ti spettina un po’.
- Ma se ti arriva un colpetto, magari due, a bassa intensità, già con una “corsa” di massimo 8 cm. comincia a dar fastidio: pesa come 1-1,5 kg. Tu pensi ad uno scherzo, gli dici di smettere, e basta! e lasciame sta!
- Però quello niente, non sente, continua. La “corsa” del mattarello adesso è di 12- 13 cm., la velocità di caduta 35 km/h. Bottarella niente male, se è una. Ma non è una. Te la puoi cavare con qualche bozzo.
- Con “corsa” circa 20 cm e velocità 55km/h - mentre quello che mena compiaciuto ci prende gusto - è come se fossi colpito da cazzotti pesanti 5 chili, ripetuti. Ahò, scappa se puoi, la faccenda si mette male.
- “Corsa” 25-40 cm, velocità 65-70-75 km/h, raffiche a ripetizione di 4-6-8 colpi. Sono cazzotti di oltre 10 chili ciascuno. Ti manca la forza di scappare, cerchi invano di ripararti con le mani, cadi a terra. Sei circondato, trascinato, colpito pure con calci e scudi di plastica durissimi. Sei dolorante, ferito, trascinato come un sacco di patate. Manganellate continue da ogni parte con fascistica rapidità. Forse muori. Andrai sui giornali.
Queste, le cosiddette “cariche di alleggerimento” coi manganelli che ordinava pure il Capo della Polizia Manganelli (un nome, un destino) buonanima. Anche per rispetto dell’intelligenza nostra e altrui, non sarà il caso di chiamarle CARICHE di APPESANTIMENTO?
PGC - 28 febbraio 2024